sabato 8 dicembre 2018

Settantadue ore a Palermo

Antonella Parente - Empatia, Installazione ambientale, Oratorio di Santo Stefano Protomartire, 2018

A spasso per Palermo
di Flavia Matitti


Se vuoi conoscere te stesso,
Guarda in ogni angolo del mondo.
Se vuoi conoscere il mondo,
Osserva nel profondo di te stesso.

Rudolf Steiner, Decima conferenza,
Dornach, 9.11.1923


Camminare e conoscere sono attività intrecciate da sempre. L’idea che ci sia un nesso tra il muoversi a piedi e lo sviluppo della conoscenza, intesa, a seconda dei casi, come scoperta interiore, maturazione intellettuale o crescita spirituale, ha trovato espressione soprattutto nella pratica universale del pellegrinaggio, ma anche nella sua versione “moderna”, rappresentata dal turismo. Sull’immaginario legato al camminare, inoltre, la scuola filosofica peripatetica ha esercitato una grande influenza, diffondendo la tradizione che Aristotele tenesse le sue lezioni passeggiando con gli allievi. L’idea dunque di un rapporto stretto tra il deambulare, il pensare e l’apprendere ha radici antiche e, con sfumature diverse (camminare, vagabondare, errare) è giunta fino a noi.
Secondo il filosofo e poeta americano Henry David Thoreau (1817-1862), autore di una raccolta di pensieri intitolata significativamente Walking (1862), camminare (nei boschi) è un atto che favorisce la riflessione su se stessi e la scoperta della Natura. Suona invece bellicoso, ma anche vitalissimo, il motto coniato dai futuristi agli inizi del Novecento, «Marciare non marcire», che è un’esaltazione del dinamismo contro la stasi passatista. Un altro importante interprete del tema della promenade è stato Walter Benjamin (1892-1940), grande maestro dell’arte della flânerie. E alla fine del secolo, quando la pratica del camminare è tornata di grande attualità, il collettivo artistico Stalker ha riportato in auge il camminare quale strumento estetico di conoscenza dello spazio, come racconta uno dei fondatori del gruppo, Francesco Careri, nel suo saggio Walkscapes (2006).
La tradizionale esperienza del camminare, unita al piacere della scoperta e della conoscenza, ha caratterizzato anche il viaggio di studio compiuto a Palermo, dal 16 al 18 giugno 2018, in occasione di Manifesta 12, da un gruppo di studentesse e di studenti dell’Accademia di Belle Arti di Roma, accompagnati da Anna Maiorano, docente di Decorazione e da chi scrive, docente di Storia dell’arte contemporanea.
Tutti noi, infatti, abbiamo potuto visitare le principali sedi di Manifesta e altri importanti luoghi espositivi della città, compreso Palazzo Riso, muovendoci esclusivamente a piedi, in una sorta di moderno cammino «iniziatico», scortati da un autentico genius loci, la palermitana Marilena Pecoraro, docente di Anatomia artistica presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. Nel corso di queste camminate esplorative compiute per le vie di Palermo ed entro rigogliosi giardini, ci siamo imbattuti, tra l’altro, in un’esortazione scritta con la vernice blu da una mano anonima sul muro grigio e scrostato di una casa: «Sii felice. T’insegneranno a non splendere e tu splendi, invece. Pasolini». Ci siamo fotografati all’ombra dei meravigliosi ma vagamente inquietanti ficus del giardino di piazza Marina, teatro un tempo di spietate esecuzioni, come ricordava Leonardo Sciascia a proposito di questi stessi ficus ritratti da Bruno Caruso, i quali sembrano trattenere coscienza del luogo e comunicare ancora un che di demoniaco e di carnivoro. E abbiamo incontrato in vari angoli della città l’enigmatica figura del Genio di Palermo, un vecchio barbuto che pare nutrire al petto un serpente, per alcuni immagine dello straniero.
La dodicesima edizione di Manifesta, biennale di arte e cultura contemporanea itinerante per l’Europa, si intitola, come è noto, Il Giardino Planetario. Coltivare la coesistenza e affronta un tema suggerito dalla realtà stessa di Palermo, città di snodo di molteplici flussi migratori, dagli antichi Fenici, Greci, Arabi e Normanni fino ai recenti arrivi dal Nord Africa e dall’Asia. Una città modellata dalle differenze e dalle contaminazioni che la biennale assume a laboratorio di nuovi, possibili modelli di cittadinanza. In particolare l’Orto Botanico, creato alla fine del Settecento, dove coesistono specie di piante provenienti da ogni continente, è assunto a metafora della capacità di questa città di aggregare le differenze.
La visita di Manifesta, comprendente luoghi naturali e altri fortemente antropizzati, ha offerto agli studenti molteplici spunti di riflessione incentrati sui temi dei migranti, del viaggio,  dell’accoglienza, della diversità, dell’aggregazione e della coesistenza.  
I lavori esposti nella mostra intitolata Settantadue ore a Palermo, curata da Anna Maiorano e Marilena Pecoraro, allestita nel suggestivo spazio barocco dell’ex-Oratorio di Santo Stefano Protomartire, sono il frutto di questa esperienza conoscitiva ed estetica compiuta, in particolare, da quattro studentesse: Antonia Parente e Alessia Liberati, italiane, e Yang Liufei e Wei Lan, cinesi. Tutte e quattro le giovani artiste frequentano il Corso di Decorazione – Arte Ambientale e Linguaggi Sperimentali dell’Accademia di Belle Arti di Roma, tenuto da Anna Maiorano, e nei loro lavori le sollecitazioni visive e ambientali ricevute a Palermo si sono fuse con l’esperienza fatta nell’ambito di un più ampio progetto di ricerca, svolto all’interno dello stesso corso, sul tema dell’accoglienza e del dono, che ha incluso anche una visita al Centro Astalli di Roma per l’accoglienza dei rifugiati in Italia.

Centrali nella mostra appaiono dunque i temi del viaggio, della fragilità, dell’accoglienza, declinati in vario modo a seconda delle diverse sensibilità individuali. Tutti i lavori sono stati realizzati per l’occasione e sono il frutto di tale esperienza.
Wei Lan ha realizzato un video, dal titolo 72 ore Palermo (2018), con propri filmati e in parte utilizzando le immagini fornite dai partecipanti,  che documenta in modo corale i momenti del viaggio di studio compiuto a Palermo da un gruppo di studentesse e di studenti dell’Accademia di Belle Arti di Roma. Il gruppo era formato da studentesse e da studenti provenienti da varie parti d’Italia, ed inoltre dall’Iran e dalla Repubblica Popolare Cinese. Il video restituisce dunque un’affascinante costellazione di sguardi sulla città di Palermo.
Antonia Parente ha realizzato un’installazione site-specific dal titolo Empatia (2018) che occupa buona parte del pavimento dell’ex-Oratorio di Santo Stefano Protomartire, trasformato attraverso una pellicola adesiva specchiante in una superficie riflettente di circa venti metri quadrati. La giovane artista pugliese ha tratto ispirazione per il suo intervento dal lavoro 32 metri quadrati di mare circa (1967) di Pino Pascali, un’opera divenuta ormai un’icona assoluta del Mare. Sulla superficie specchiante Antonia Parente ha sparpagliato alcune magliette bianche da adulto e altre rosse da bambino, per ricordare col bianco l’innocenza di quanti affrontano la pericolosa traversata del Mediterraneo, ma non ce la fanno, e col rosso tutti i bambini vittime della tragedia, ai quali le madri fanno indossare proprio questo colore nella speranza di renderli più visibili in mare. Purtroppo questo non basta a salvarli, come testimonia la terribile vicenda del piccolo Aylan Kurdi, morto annegato nel 2015 nel vano tentativo di raggiungere l’Europa con la famiglia e ritrovato senza vita sulla spiaggia turca di Bodrum. Alcune parole scritte sulla superficie specchiante (accoglienza, incontro, coesistenza, ospitalità, tra le altre) completano il lavoro. I visitatori sono a loro volta invitati a specchiarsi, un atto che favorisce l’empatia e induce a riflettere su se stessi in rapporto agli altri, e a scrivere sulla superficie un loro pensiero.   
Alessia Liberati, autrice del lavoro intitolato Accogli (2018), è intervenuta nella nicchia situata sul lato sinistro dell’ex-Oratorio di Santo Stefano Protomartire dove, al suo interno,  ha sistemato  una conchiglia che reca una perla e al di sotto ha posto altre tre conchiglie di dimensioni minori. Lei stessa ha realizzato le conchiglie utilizzando il Das. L’intervento da un lato appare come un omaggio alla grande tradizione decorativa delle chiese barocche palermitane, dall’altro intende evocare un paesaggio marino e dunque rimandare al mare, teatro di tante tragedie legate ai migranti. Inoltre nella visione di Alessia Liberati la perla diviene metafora dei migranti stessi, che secondo l’artista dovrebbero essere accolti con la stessa gioia con cui accogliamo un dono della natura portato dal mare. Completa l’intervento un audio che la giovane artista ha registrato in riva al mare e che restituisce il rumore dell’acqua e del vento, le voci dei pescatori e dei passanti lungo la spiaggia.
Yang Liufei è autrice di due video. Il primo, intitolato Arte Natura Passo a Palermo (2018), offre un originale racconto del viaggio-studio compiuto a Palermo adottando un punto di vista ribassato, concentrato quasi esclusivamente sulla strada percorsa e sui piedi dei partecipanti. Tale scelta esalta proprio il tema del camminare che, come si è visto, ha caratterizzato questo viaggio-studio. E anche se forse non sono fonti alle quali la giovane artista cinese ha direttamente guardato, tuttavia le immagini del video possono far pensare al celebre dipinto di Giacomo Balla, Dinamismo di un cane al guinzaglio (1912), oppure a suggestioni cinematografiche, come il film Gradiva (1978) di Raymonde Carasco, ispirato all’omonima novella (1903) di Wilhelm Jensen, o perfino alla nota sequenza cinematografica di Nanni Moretti sulle scarpe nel film Bianca (1984), dove il protagonista riflette: «Ogni scarpa una camminata. Ogni camminata una diversa concezione del mondo»L’altro video, intitolato, Luce (2018), appare invece come una notturna meditazione, dall’epilogo drammatico, sul tema della fragilità e della morte. Nel video la protagonista è la stessa giovane artista, impegnata in un gesto semplice eppure rituale: quello di accendere, una dopo l’altra, 99 candele.

Yang Liufei - Luce, 2018



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