Chiude lo spazio MICROGalleria
dell’accademia, fondato nel luglio del 2004 presso l’Accademia di Belle Arti
dell’Aquila e, con una performance, Attilio
toglie tutte le scritte che caratterizzavano questo spazio, che torna ad
essere una comune aula, all'ultimo piano dell' accademia .
Prosegue invece la ricerca sulle pratiche espositive del progetto MICROGALLERIA.
Prosegue invece la ricerca sulle pratiche espositive del progetto MICROGALLERIA.
BYE BYE MICROGALLERIA
Video di Anna Maiorano e Cristina Reggio, 2012
Vittoria Biasi
L’aula centrale dell’ultimo piano dell’Accademia dell’Aquila ha un’ampia
storia di ricerca. Dal 2004 Anna Maiorano e Cristina Reggio, sentendo lo
spazio come luogo o corpus vivente,
con l’animismo proprio dell’arte, hanno avviato il progetto MICROGalleria (MG).
Qui segni, passaggi di studenti, impronte di senso sono nate dalla percezione
della luce, dal desiderio del confronto nell’incontro con l’anima. Le
curatrici, accanto a giovani artisti e studenti , hanno curato performance,
eventi, mostre vissute, costruendo un’esperienza, una sintassi partecipativa da
cenacolo, da gruppo di ricostruzione.
Lo spazio è stato vissuto come un luogo, come un corpo ricco di emozioni,
rese evidenti e strutturate con installazioni, con opere che ne hanno messo a
nudo i palpiti, l’aura. I progetti attorno cui è stata articolata la vita della
MG sono stati ideati su aspetti e volti della vita, quali il dono e il
desiderio.
Significativa in tal senso è l’installazione specific site Corsi e
Ricorsi 2010, del gruppo Artemad, che è la trans-scrizione
artistica, estetica del disastro partecipato. L’opera riporta
alla mente la poetica di Montale, dove la parola, come l’oggetto – le 308
scarpe dell’installazione – è intrisa di sacrificio, di rinuncia all’eco in cui
si rifugia il sentimento: come in un quadro di Morandi.
Lo spazio della MG ha costruito nel tempo una sua storia, il progetto ha
alimentato una sua anima vissuta tra differenti sperimentazioni. I due momenti,
speculari, riflettono l’ideologia del work in progress propria delle curatrici
creatrici di una rete umana, di una concezione sociale dell’arte in cui l’humus
è la condivisione di un sentimento, la riunione circolare attorno ad un segno
che contagia.
Il dono, il desiderio sono tra i temi che hanno connotato i progetti
espositivi e hanno la centralità nell’idea dello spostamento, dell’esodo da
se stesse.
Il dono esce dal territorio del donante verso altre destinazioni, rispondendo
all’idea di mobilità, propria anche del desiderio. Sul proseguimento dell’idea
di mobilità, Anna Maiorano e Cristina Reggio propongono la sospensione
della MG come premessa di uno spostamento, di una ricerca altra del proprio
esistere. La risoluzione all over è un’iniziativa assonante con la
trasformazione del pensiero progettuale, che deve traslocare, mettere in atto
il trasferimento fisico, in cui abbandono e ricognizione sono rapporti di
forza. Il progetto ha il suo passaggio nella ritualità performativa di Attilio
Cianfrocca. L’artista è tra i fondatori del collettivo Artemad, impegnato in
un’ideologia di dialettica con alcuni processi sociali e culturali. Attilio
Cianfrocca è autore del tatuaggio, pratica artistica che si realizza sulla
mappatura della pelle. Il tatuaggio è un rapporto con la fisicità, con la base
umana, determinando una coscienza che si nutre di sensazioni vere
sublimate nella scrittura. Nella performance l’artista, lavorando sul corpo del
luogo, effettua un’azione inversa: di spoliazione e destrutturazione dello
spazio. Da ciò derivano le ramificazioni del sentimento: quello dell’assenza e
del ricordo, che nella dimensione utopica intesse la memoria; e quello
dell’autonomia, della libertà di déplacement propria dell’arte.
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