Passaggi di stato
di Federico Seppi
Federico Seppi, Svellere, 2019, Parco degli alberi sacri - Livo (Val di Non-TN), albero caduto e rame ossidato, 10x4x4 m. |
Il mio intervento in merito al tema La natura dell’arte,
l’arte della natura s’intitola Passaggi di stato. Un passaggio di stato è una
trasformazione dello stato fisico di una materia. Essi evocano una peculiare
fenomenologia del naturale, ne esemplificano la profonda realtà dinamica e
metamorfica ed imprimono una visione della Natura come stato generativo
continuo. Lo stesso passaggio di stato è un tipo particolare di metamorfosi che
si verifica come effetto di un’influenza tra materia e ambiente. Questa dinamica
implica, come condizione del processo generativo, una radicale relazionalità tra
soggetti e contesti. Infine, questa mutazione fisica data dall’alterazione dei
legami particellari, racconta di un mondo fluido, di una mescolanza tra
microscopico e macroscopico, così come mescolato lo vedo anch’io, nella mia
ricerca artistica. 1. L’arte della natura Durante un inverno, a vent’anni, di
ritorno a casa da Venezia, dove frequentavo l’Accademia di Belle Arti, avviai
una delle prime sperimentazioni artistiche tra arte e natura che da quel momento
in avanti influenzò l’intera mia ricerca. Natural process nacque durante una tra
le tante camminate nei dintorni di casa mia, verso il bosco, lungo il rio da noi
chiamato Diavola. Giunto al torrente, tra gli alberi di nocciolo che ne
costeggiavano le sponde, ne trovai uno, rivolto a terra, molto probabilmente
caduto sotto il peso dell’ultima nevicata. Natural process non è soltanto
un’opera né una performance, ma coniuga in sé entrambi gli aspetti, è
un’opera-azione poetica, in cui sia gli aspetti processuali di creazione quanto
lo statuto di opera effimera contano. A partire dal giorno in cui trovai
l’albero caduto, per numerosi giorni dopo, tornai al rio, mettendo in atto una
semplice azione: quella di immergere parte dei suoi rami nelle acque gelide
della Diavola. La ritualità di questa azione portò, nel tempo, alla formazione
di strati di ghiaccio che stavano sulle estremità dei rami come sue foglie,
foglie di ghiaccio di un albero caduto. L’opera consisté nell’avviare un
processo poi portato avanti in autonomia dalla natura, facendo dei suoi elementi
- in questo caso l’acqua, il ghiaccio e i rami – e delle circostanze
atmosferiche - la rigidità delle temperature – i coautori di Natural process. A
partire da quell’inverno del 2010, potrei parlare della mia ricerca artistica
come un lavoro svolto «nella natura con la natura stessa» . Un processo
d’immersione nella vita immediata, quotidiana, dei luoghi che abito. Un abitare
che si compie come esercizio estetico di contemplazione, avventura e riscoperta,
di recupero di materiali autoctoni e, alle volte, di scarto. In questo senso,
«la mia ricerca si basa sull’esperienza diretta di contesti e dimensioni che
descrivono del naturale ciò che è più quotidiano» e fa di quel ventaglio di
fenomeni fisici e atmosferici, di «tutte quelle condizioni o processi o eventi
che si manifestano costantemente nella fisicità dei corpi naturali […]» come
loro traccia o loro effetto, l’oggetto di sperimentazione artistica per mezzo
dell’uso e indagine di materiali naturali quali legno, rame, argento, ghiaccio.
Le opere che ne derivano sono come «un artificio organico reso alla natura come
lascito, di cui essa altera la pelle, secondo sembianze transitorie scolpite da
temperatura, umidità e luce […]» . I materiali delle mie opere sono una materia
viva che muove la forma, influenza le cromie delle mie opere, le riporta nello
scorrere del tempo. Il legno respira, si dilata, si muove, possiede un’intensa
qualità narrativa: una capacità di articolare, sottopelle, con le sue venature,
il racconto di un tempo vissuto. Ed è proprio quel vissuto, che cambia la
sostanza di quel tempo, che determina una variazione così amplia dei suoi segni:
quello che il legno registra nella variegata distanza tra un anello e l’altro,
non è solo un tempo quantitativo ma qualitativo. Spesso, nelle mie sculture,
questi segni sono rilevati e mantenuti in una coincidenza di contenuto e
contenitore, significato e qualità plastiche del materiale, secondo una sorta di
archeologia del segno che diviene astratto ma di cui la materia stessa è
espressione. Il rame, invece, per «la sua capacità di trasmissione di energia
diventa centrale nel mio lavoro sull’ossidazione dei materiali: la materia non
guida più soltanto la definizione della forma, bensì è valorizzata come entità
dinamica ed estetica che vive di vita propria» . Tramite il processo di
ossidazione, accelerato dal mio intervento, si dà seguito ad una variazione
nella composizione chimico-fisica del metallo: la soluzione in cui il sale funge
da ponte accelera e prosegue l’ossidazione che è già innescata dall’umidità
presente in ambiente. In questo caso la radicale relazionalità tra materiale e
ambiente si visualizza secondo cromie variabili date dalla trasmissione di
energia. Similmente, la foglia argento, per i suoi modi di rifrarre la luce -
una rifrazione che rende la luce plumbea, che la tinge per osmosi dei colori che
l’attorniano, che la varia tra imbruniture e albori a ricalcare nella memoria
gli effetti atmosferici d’alta montagna - esplicita quella simbiosi tra materia
e ambiente, soggetto-oggetto-contesto che confluiscono in un’ibridazione
reciproca. Infine, il ghiaccio, nel suo passare di stato diviene metafora
dell’esistenza nella sua continua metamorfosi, un «corpo-contenitore in continuo
fluire» . Proprio nella sperimentazione di questi materiali il mio discorso
artistico prosegue nutrito da una forte sensibilità ambientale. 2. La natura
dell’arte L’arte comincia con un modo d’essere nella vita, si nutre di
esperienza per sentire la vita, sentirla vissuta e vivente. Reinterpretando un
autore a me caro, direi che ciò che tento è di parlare di Natura senza ch’essa
perda vigore per via di un eccessivo addomesticamento . Ogni opera vuole
mantenere questa rapidità di accesso all’osservatore, facendosi sintesi di
realtà e situazioni comuni, ma che, ricontestualizzate, si caricano di una
presenza evocativa e poetica che riportano a prestare attenzione, ad un qui e
ora in cui risvegliare sensi e spirito in «un duplice movimento di restituzione:
della natura all’arte e dell’arte alla natura» . In quest’ottica cerco di
riportare l’attenzione su ciò che ci circonda con opere che invitino alla
contemplazione, tramite un’arte che ricomprende in sé la Natura, incorporandone
i modi, le sembianze, i processi e ne evochi la forza vitale, capendo, forse,
che cultura e natura si fanno entrambe, insieme, nella vita di ogni giorno, in
una reciproca mescolanza tra ambiente e viventi . Questa migrazione del Naturale
di cui ho appena accennato, in reazione ad una cultura che si nutre solo di sé
stessa , riporta l’arte nella sua collocazione reale, la rilega alla condizione
esistenziale dell’uomo. Oggi, ciò che sento con più urgenza, il primo dato
reale, esistenziale, legato ad un qui ed ora non solo individuale ma anche
collettivo, sono i cambiamenti climatici di cui l’urgenza del tema ecologico «si
trasferisce sul piano estetico» con opere non di denuncia «ma che si offrono
come custodi della poesia della natura» invitando il fruitore «ad ammirare, la
forza di uno sguardo nuovo, limpido e seduttivo sul mondo» che muta il senso
della nostra presenza. Nel caso della mia ricerca artistica, quindi, situarsi e
«fare conoscenza, per avvicinarsi alle dimensioni della natura e a quelle umane»
, di loro le più concrete, materiali, immanenti, riguarda anche il momento di
creazione, soprattutto se il momento creativo non si limita all’ideazione ma si
confronta nella produzione della propria opera. In questo modo si sviluppa una
conoscenza che affianca al razionale il pratico, all’intuito l’esperienza,
all’emozione il sentimento e lo spirito, nell’ottica di un superamento
dell’ordine gerarchico tra modalità conoscitive ma anche di ambiti di competenza
e restituisce valore al fare artistico come produttore esso stesso di
conoscenza, coscienza e scambio relazionale. Così, come per reciproco contagio,
più indago l’universo naturale e più incontro me stesso, includendo il mio corpo
e gli aspetti processuali del lavoro come percorsi indispensabili. Un altro
aspetto importante è la relazione tra arte e memoria di cui Svellere ci offre un
esempio. Questo grande albero è uno di quelli abbattuti da Vaia . In
quest’operazione dopo il prelievo in loco, l’albero è stato prima di tutto
scortecciato perché fosse preservato dal bostrico, un insetto che s’inserisce
sotto corteccia riducendo il flusso della linfa dunque la capacità di
fotosintesi della pianta. Questo scheletro nudo è sospeso a mezzaria, fissato
nel suo cadere, sotto il peso di una goccia in rame battuto, incastonata tra i
rami, in memoria dell’evento accaduto. La goccia richiama la potenza scatenata
dalla tempesta, ma resta ugualmente simbolo di vita e di un ordine naturale di
fronte al quale ci troviamo sopraffatti per l’accelerazione di cambiamenti
climatici che cominciano a mostrarsi nella loro potenza effettiva, anche nelle
nostre regioni montane. Sono, dunque, partecipazione, celebrazione,
preservazione e testimonianza le azioni intraprese tra Arte e Natura, in
simbiosi con il territorio in cui vivo. Inoltre, coniugando conoscenza ed
esperienza l’arte si fa ricerca: esplorando ciò che mi circonda, prendendo
appunti dei paesaggi apparsi durante viaggi casuali, o durante spedizioni per
documentarmi, andando a visitare i luoghi per assorbirne le atmosfere e fissarne
i tratti, i dettagli, le apparenze. Ciò è stato fondamentale se penso alle opere
presenti in "Icebreaker", mia prima personale, curata da Giovanna Nicoletti, a
Boccanera Gallery di Trento . Se l’interesse verso la morfologia dei territori
cominciò già a partire da lavori come Studi di Paesaggio e Valle Sospesa,
nell’ultima mia ricerca essa si coniuga ad un’attenzione particolare rivolta
alla luce. I ghiacciai alpini sono l’oggetto di studio sul campo da cui parte
l'elaborazione dell'arco narrativo segnato da "Icebreaker". In
quest'esposizione, i segni che producono opere come Stelvio sono appunti
grafici, graffi e cancellature, segni-affetto che raddoppiano e schivano
continuamente il soggetto a cui si riferiscono. In opere come queste il tratto
grafico provoca, sulla forma del ghiacciaio, una nuova morfogenesi, in un
confluire di invenzione e intuizione, in cui il tratto indica, nel proprio
andamento processuale, l'emergere di una mappatura del ghiacciaio come organismo
in tensione. In queste opere i ghiacciai sono corpi resi instabili e vibranti
dall'erosione per graffiatura della foglia argento che moltiplica
esponenzialmente i punti di rifrazione della luce. Ed è l’integrazione tra luce
e ambiente a restituire, per simulazione, le sensazioni atmosferiche avute sul
campo, e ad alternare vedere e visione. Di fronte a Superfici Sospese, con la
combinazione della luce in parte rifratta e in parte assorbita dalla foglia
argento, con le linee scolpite sottilissime come un segno grafico, nonché con le
dimensioni di queste pareti alte più di tre metri, lo spazio assume una sorta di
virtualità temporale. Un’atmosfera che dilata la percezione della nostra
presenza, creando un punto di collisione tra le consuetudini percettive che
strutturano il luogo comune di una natura intesa come concetto e l’apertura
smisurata dell’immanenza in cui i ghiacciai figurano «la potenza della natura
sintesi del tempo atmosferico, di quella natura capace di trasformare gli
elementi, dalla roccia alla vegetazione, e allo stesso tempo di conservare la
memoria degli eventi e degli esseri che lo hanno attraversato […]»
1°Grenzländer, Terre di confine, catalogo della mostra a cura di Giovanna
Nicoletti, Boccanera Gallery, 2018, p. n. n.
2°Icebreaker, catalogo della mostra
a cura di Giovanna Nicoletti, testi di Chiara Casarin e Giovanna Nicoletti,
Boccanera Gallery, 2021, p. n.n.
3°A cura di Francesca Fattinger, Federico
Seppi: un approccio ecologico ed estetico alla natura, in Franz Magazine
(consultato il 29/04/2021)
4°Be the difference… With Art!, catalogo della mostra
a cura della Commissione Arte Rotary Club Asolo e Pedemontana del Grappa, 2019,
p. n. n.
5°Federico Seppi, Materia Viva, tesi di diploma di II livello
accademico in scultura, Accademia di Belle Arti di Venezia, a. a. 2018/2019,
relatrice Raffaella Miotello, p. 42
6°Icebreaker, op. cit., p. n. n.
7°Henry
David Thoreau, Camminare, Piccola Enciclopedia, SE, Milano, 1999. Mi riferisco
alle righe in cui Thoreau, chiedendosi quale letteratura darebbe espressione
alla Natura, disse «Poeta dovrebbe esser colui che […] sa risalire all’origine
delle parole ogni qualvolta le usi, trapiantandole sulla pagina con la terra
ancora attaccata alle radici», p. 43
8°Federico Seppi, op. cit., p. 20
9°Sul
rapporto tra ambiente-viventi si veda Emanuele Coccia, La vita delle piante,
Metafisica della mescolanza, Il Mulino, Bologna, 2020
10°In ricordo della
lettura di Francesco Arcangeli, Corpo, azione, sentimento, fantasia, Lezioni
1967-1970, Vol. II, Il Mulino, 2015
11°Camilla Bertoni, Seppi narra i ghiacciai.
Natura, arte e poesia alla Boccanera Gallery, Corriere del Trentino, 2021, 29
aprile, Spettacoli, p. 11
12°Icebreaker, op. cit., p. n. n.
13°Ibid.
14°Tempesta
del 26-30 ottobre 2018 è un evento che si è verificato sul nordest italiano
(interessando quasi essenzialmente l’area montana) a seguito di una forte
perturbazione di origine atlantica che ha portato sulla regione persistenti
piogge a partire dal 26 ottobre 2018. A questo si è aggiunto anche un fortissimo
vento caldo di scirocco che, soffiando tra i 100 e i 200 km/h per diverse ore,
ha provocato lo schianto di milioni di alberi con la conseguente distruzione di
decine di migliaia di ettari di foreste alpine.
15°Icebreaker, a cura di
Giovanna Nicoletti, testi a cura di Chiara Casarin e Giovanna Nicoletti,
Boccanera Gallery, Trento, marzo – giugno 2021
16°Icebreaker, op. cit., p. n. n.
Natural process, 2010, rami, ghiaccio, acqua, dimensioni variabili |
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